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Con le ali ai piedi
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- Di qui passò Francesco
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Diocesi di Gubbio
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di qui passò Francesco
di qui passò Francesco
La guida per Monte sant'Angelo si farà!!!.
... e il cammino continua, ma serve A I U T O

La prima volta a piedi, al Monte dell'Angelo

Così Angela racconta il suo arrivo alla grotta di Michele ...

(Da Passi che si incrociano Edizioni Appunti di viaggio, mio libro di storie pellegrine, le ultime righe del mio racconto: “San Michele al monte Gargano”)

... E’ sempre Marisa ad avvistare la torre magnifica, ottagonale, angioina, così templare della chiesa. Un cartello dice: “200 m. al Santuario”
“Ancora 200 metri, tanti” Sussurra lei, io non sento più la stanchezza, rallento il passo gli occhi fissi sul campanile. Blocchiamo il primo umano che ci si para di fronte:
“Ci fa una foto?”
Ci abbracciamo, abbracciamo gli zaini l’una dell’altra, quella brutta foto racconterà dei 430 chilometri fatti, dei pochi giorni che il passo ha dilatato rendendoli nella memoria più simili all’eternità.
Poi senza guardarci in volto, a testa bassa, chiuse nel cappuccio dell’anima, entriamo.
Scendiamo lungo il cunicolo che porta nel cuore della terra, sfioriamo le parole di chi scende come noi, dribbliamo corpi che paiono birilli. Non vedo più niente, piango. Il corrimano su cui faccio scorrere la mano rossa di freddo, gonfia d’acqua mi accompagna fino giù, mi guida verso un canto bellissimo per poi lasciarmi dove Francesco si arrestò, sulla bocca della grotta.
Lui vedeva, lui non si sentiva degno di entrare, io entro, non vedo ma la “terribilità” del Luogo mi sbatte contro come un muro invisibile.
Scivoliamo silenziose fra la folla riunita per la Via Crucis, per la Messa.
Non ce lo diciamo ma tutte e due siamo dirette con passo sicuro al lato dell’altare come se fosse solo lì il posto per noi. Gli zaini scendono dalle spalle, senza far rumore posiamo i bastoni in una siepe di sguardi che registriamo appena, sediamo fianco a fianco, ad occhi chiusi, le guance coperte di sale.
Terribilità…la terribilità di Dio…non so nemmeno ora perché uso questa parola ma è l’unica che riesca a contenere o forse a spiegare la potenza che mi avvolge facendomi sentire mostruosamente piccola eppure non esclusa. Di tanto in tanto apro gli occhi e la statuina del Sansovino, così dolce e rassicurante, sembra voler contraddire questo senso di potenza…è un ragazzino sorridente, con la corona storta e le ali in posizione di riposo. La spada, l’armatura non sono paurose…ma io non ho paura, sono avvolta dal Terribile, è diverso.
Alla fine della Messa ci accorgiamo che stiamo battendo i denti dal freddo e che ai nostri piedi si è formata una pozza d’acqua, prima no, prima era solo il sogno che scaldava.
Giorni dopo la Grotta non mi accoglie più con la sua potenza, ora c’è solo la Tenerezza di Dio, avvolgente, calda, piena di carezze e di consolazione. Gli occhi nuovamente chiusi per un tempo che non saprò mai, mi chiudono ancora di più in quel ventre materno a cui appartengo. Lo scalpiccio della gente, i canti, quelli di San Damiano, stanno creando un ponte fra l’attimo che fugge e il continuum della mia vita a casa.
“Casa…ma dov’è casa?”
Solo qui, dietro gli occhi chiusi, nel cappuccio dell’anima, nella grotta del cuore, all’ombra di grandi ali bianche che accarezzano frusciando, nel sorriso di un ragazzino con la spada in mano, nella “Buona Morte” oltre quel ponte dove un sorriso attende; ha sempre atteso.


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